venerdì 17 febbraio 2017

Transiberiana, incanto del centro Italia

terrenomadi@gmail.com

Dopo la prima curva, stelle. La macchina sale, e ancora stelle. Stasera, senza una sola nuvola a sfiorare il cielo, le luci sembrano più vicine. I pensieri rimbalzano sul silenzio di queste montagne, sui residui di un autunno ormai lontano.
La neve ghiacciata ha trovato casa sul ciglio della strada. Il tragitto da Castel di Sangro a Roccaraso è una manciata di chilometri. La distanza riavvolge il nastro della giornata, la mente ripercorre i binari, l’entusiasmo si assopisce tra gli angoli delle fotografie scattate. Torno a casa ricaricata dalla bellezza dei luoghi e degli incontri.

Qualche goccia d’acqua superstite riga le ciaspole. Cerco di ricordare i nomi delle tante persone conosciute in poche ore. La memoria fa qualche scherzo, ma i volti restano presenti, ognuno con la propria storia. C’è chi insegna, chi fa l’impiegato, chi studia, chi gioca perché ha ancora 5 anni e chi gira il mondo da sempre. Assunta, Alba, Giuseppe, Giovanni, Claudia, Annalisa, Carmine. L’elenco ne conta 470, tutti su un unico treno. Uno di quei treni con le rifiniture in legno e costruiti negli anni ’30, fermo già da qualche decennio. Le età sono diverse, gli occhi ugualmente curiosi.

È la terza volta che percorro la tratta nota come «Transiberiana d’Italia» e mi sento fortunata. L’atmosfera è condita dall’euforia di quei gruppi affiatati che stanno partendo per un viaggio di sola andata. «Meraviglia», penso. Il viaggio durerà una sola giornata, ma so che lo porterò con me per tutta la vita.  

Il treno parte dal Molise, da Isernia precisamente, ma noi lo aspettiamo in Abruzzo, alla stazione di Castel di Sangro (Aq). Il gruppo è compatto, alla Transiberiana questa volta partecipo con il Cai - Club alpino italiano - di Castel di Sangro, dalla cui famiglia sono stata accolta. Escursionisti infaticabili che mi mostrano come indossare le ciaspole e le ghette. Il gruppo ha organizzato la giornata insieme al Cai Molise, con le sezioni di Isernia, Campobasso, Bojano e Montaquila, al Tam - Tutela ambiente montano - di Isernia, all’associazione «Le rotaie» e alla «Pro Loco» di Campo di Giove.

Si sale. Si parte. Roccaraso, Rivisondoli-Pescocostanzo. Qui il picco è 1268 metri, secondo solamente al Brennero, che di metri ne conta 1370. Il treno fischia e, dopo una sosta di qualche minuto, riaccende i motori. Intorno, un mantello tutto bianco, tanto che in alcuni tratti sembra di stare al Polo Nord. Terra e cielo si confondono in un unico colore, e la nebbia fa la sua parte e veste di sfumature il paesaggio.

Nei vagoni le voci giocano a rincorrersi. Palena. Si scende. I produttori locali, insieme al Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, mostrano e offrono le prelibatezze del posto. Pizza fritta, miele, formaggi e salumi, oltre ai legumi, fanno da sfondo ad un paesaggio che lascia senza fiato. L’accoglienza che l’Abruzzo offre distingue questa regione, facendola splendere sempre.

I bambini si tuffano nelle neve come se fosse schiuma di mare. Si lanciano con le padelle da pendii scivolosi e fanno i capricci per andare a cavallo. I monti, intorno, vestono il cielo di altezze. Il treno è pronto per rimettersi in viaggio, per arrivare a Campo di Giove. La distanza copre il tempo di un’altra piacevole chiacchierata. I passeggeri preparano le ciaspole, racchette infallibili per camminare sulla neve alta. A Campo di Giove ci aspettano la polenta fumante e le tagliatelle con la salsiccia e i funghi, ma per arrivare al ristorante dobbiamo percorrere, quasi in fila indiana, un chilometro di boschi e di neve. Si suda, ma la sensazione indescrivibile che dona lo scenario mette in secondo piano ogni fatica. E lassù, ancora incanto.

Nel viaggio di ritorno, ascolto le poesie e i racconti di Pasetta, il Garibaldi del posto. In cammino da una vita, ha vissuto per anni a New York ed è, infine, tornato in Abruzzo, sul luogo d’origine, Barrea.

Mi sento ricca. L’Abruzzo incanta, lo fa ogni volta come se fosse la prima. Come se ogni volta avesse qualcosa di nuovo da offrire. Terra umile e meravigliosa.

 
Colonna sonora: Yiruma, Kiss the rain, esecuzione Bevani flute

Cliccare sulle foto per ingrandire




































martedì 7 febbraio 2017

Transiberiana d'Italia, ponte tra Abruzzo e Molise

terrenomadi@gmail.com

Era il 3 marzo 2013 e il treno stava per fischiare. Il tempo vola, abbraccia i ricordi, li conserva in un angolo tutto suo. Ritrovarsi a riviverli senza mai aver rinunciato ad essi, ritrovarli faccia a faccia a distanza di anni, fa venire la pelle d’oca. L’Abruzzo è ancora qui, bello come non mai, forte e gentile, silenzioso ed elegante.

Il cielo non cambia, le vette neppure. Maestose, ora imbiancate. Vestite di fredda ovatta. Un velo lieve e delicato che poggia persino sull’acqua dei ruscelli, che ammutolisce e rallenta ogni corsa. I colori accesi delle foglie d’autunno hanno lasciato il posto a trame di rami secchi che ricamano l’aria. La neve fa da tappeto e sentiero ai «pellegrini della natura». Uno dei paesaggi più incantevoli d’Italia. Mi sento fortunata a viverlo quotidianamente. 

Il treno, quella mattina, partì per percorrere 120 chilometri attraverso 58 gallerie e più di cento ponti. Da Sulmona ad Isernia, passando per Carpinone, si viaggiava sulla «Transiberiana d’Italia», ferrovia che congiunge Abruzzo e Molise sfiorando la Majella. La linea era stata sospesa nel 2011 perché ritenuta antieconomica. I paesaggi sono rimasti lì, immobili, come se aspettassero.

Quel treno non ha smesso di partire e di tornare. Sempre più persone hanno chiesto, a gran voce, di poter percorrere la «Transiberiana d’Italia», con il picco più alto, 1268 metri, alla fermata di Rivisondoli-Pescocostanzo. Le associazioni «Transita Onlus» e «Le Rotaie del Molise» non si davano per vinte e continuavano a battersi per valorizzare il territorio in tutte le sue sfaccettature. Il primo viaggio ebbe un successo inaspettato. Ne seguirono altri, fino ad oggi, a qualche giorno dal fischio del prossimo treno.

Si parte domenica, 12 febbraio, su sei carrozze storiche, da Isernia a Campo di Giove, passando attraverso le vette più alte e i paesi più caratteristici, ad uno schiocco dal cielo. Dal Molise all’Abruzzo, nel cuore delle opere d’arte della Natura, sfiorando Carpinone, San Pietro Avellana-Capracotta, Castel Di Sangro, Alfedena, Roccaraso, Rivisondoli, Palena, Campo di Giove. Qui è prevista una ciaspolata, passeggiata con le tipiche racchette da neve. Finestra aperta e vista mozzafiato sul Gran Sasso e fino al Guado di Coccia, contando i monti Genzana, Rotella, Pizzalto e Porrara.

Ad organizzare il viaggio, il Cai - Club alpino italiano - Abruzzo, con la sezione di Castel di Sangro, e il Cai Molise, con le sezioni di Isernia, Campobasso, Bojano e Montaquila, insieme al Tam - Tutela ambiente montano - di Isernia. Collaborano l’associazione «Le rotaie» e la «Pro Loco» di Campo di Giove.

Sono 470 i partecipanti, anche se altri avrebbero voluto aggregarsi. Per mancanza di posti non è stato possibile, ma gli organizzatori confidano in una giornata in «Transiberiana» riservata a tutte le regioni d’Italia appartenenti al Cai.


«Terre Nomadi» salirà sul treno e documenterà il viaggio con un ricco reportage scritto e fotografico.

Segue il video dedicato alla Transiberiana d'Italia e realizzato ad aprile 2013 da Paesaggi d'Abruzzo in collaborazione con Terre Nomadi. Voce, Francesco Ventura.


mercoledì 27 gennaio 2016

Le parole dei lager

di Anna Maria Colonna
terrenomadi@gmail.com

Non una storia, ma mille. Raccontate attraverso parole silenziose. O gridate. Dietro un insieme di lettere, il ricordo di ferite che ancora sanguinano. Sanno di pianto e di disperazione. L’assurdità dell’uomo che uccide l’uomo è racchiusa in una manciata di termini. Frammenti di uno specchio in frantumi. Quello specchio è la vita stessa, provata da attentati continui che non le hanno lasciato scampo.

Figuren erano le «marionette». Non quelle che con cui giocano i bambini. I nazisti chiamavano così i morti da trascinare via. Con Kanada si indicava il reparto dove venivano ammassati gli abiti. Accostamento fra un Paese leggendariamente ricco e il fatto che nei vestiti fossero a volte nascosti «piccoli tesori».

Sono le parole dei lager. Spine. Coltelli affilati che tagliano fragili pezzi di vetro. La tragedia della deportazione e dello sterminio nei campi di concentramento nazisti scorre lenta davanti agli occhi di chi la racconta e di chi la legge. Mancano i tasselli che danno senso al dolore. Non sono mai esistiti. Eppure il dolore c’è stato. E c’è ancora. Ricordarlo serve a non dimenticare. E a non ripetere.

Leoncarlo Settimelli ha raccolto «Le parole dei lager» nelle pagine di un libro. Nero su bianco. Una sorta di dizionario europeo che diventa testimonianza di storie vissute e di orrori che non possono essere più cancellati. Ogni termine strappa alla memoria dei deportati istanti di sofferenza. Non semplici spiegazioni, ma racconti e ricordi dei sopravvissuti allo sterminio nazista.

L’autore traccia un panorama europeo del sostegno dato alla Shoah dai fascismi nazionali, dall’Ungheria alla Croazia, dall’Olanda alla Lituania. Scrive di aziende che hanno usufruito del «lavoro schiavo» di milioni di deportati. Settimelli sostiene, infatti, che odio verso l’ebraismo e soluzione finale sono andati di pari passo con lo sfruttamento di altri milioni di individui il cui costo era nullo.

domenica 3 gennaio 2016

Gli orizzonti a colori di Assisi

terrenomadi@gmail.com 

Regalarsi un viaggio a Natale. Uno di quei viaggi pensati e, poi, puntualmente «mancati». Arriva il momento in cui fai la valigia e vai. Cammini, incontri, torni e cammini ancora. Vale la pena partire per portarsi a casa un po’ di consapevolezza in più. Portare indietro l’allegria, la bellezza dei luoghi, un paesaggio fotografato dalla memoria perché mostra orizzonti a colori. E pensi che nulla può fermarti perché si riparte, eccome se si riparte. Respiri a pieni polmoni e la penna inizia a scorrere senza limiti d’inchiostro. Viaggiare incrocia tempi e persone. Abbraccia storie, spesso le cambia. Traccia sentieri.

Assisi è la pace all’ombra del monte Subasio. È silenzio ghiacciato dall’inverno umbro, che porta a spasso i pensieri riscaldandoli al fuoco dei camini. È essenzialità semplice e bellezza senza fronzoli. Assisi è storia e fede. È cultura disseminata tra le strade rugate del centro storico. È cioccolata calda a mezzanotte e torta al testo mangiata al volo. Assisi è un viaggio in undici che non smettono di ridere perché nella valigia hanno messo l’entusiasmo. È testimonianza che fa riflettere, che tiene svegli anche quando gli occhi si chiudono sull’intensità della giornata. È cercare di vedere quanto più possibile in meno di tre giorni… che poi non ricordi il numero infinito di fotografie scattate. Assisi è Francesco, patrono d’Italia. Assisi è Chiara. Assisi è il festival internazionale della pace e il palio estivo di San Rufino, con cortei, sbandieratori e tamburini che ricordano la divisione in terzieri della città.

Basilica di San Francesco
Assisi è nel sorriso delle suore francescane missionarie del Cuore immacolato di Maria, che accolgono a braccia aperte nelle stanze semplici della loro casa. Ed è il teatro «Metastasio» e la stretta di mano di Carlo Tedeschi prima del musical «Notte di Natale 1223».

Assisi è Santa Maria degli Angeli, il santuario disteso nella verde pianura umbra che abbraccia l’omonima basilica cinquecentesca. All’interno dell’edificio, costruito per accogliere i pellegrini che giungevano da ogni parte del mondo in occasione del perdono di Assisi, sorge la Porziuncola, la chiesetta in cui Francesco pregava. Qui il santo consegnò il saio a Chiara, dando origine all’ordine delle clarisse. Annesso alla basilica, un museo che custodisce dipinti di Giunta Pisano e Cimabue.

Nei pressi della chiesetta di San Damiano
Assisi è la basilica di Francesco, il luogo che dal 1230 conserva le spoglie del santo. E quella in stile gotico dedicata a Chiara, che ospita la tomba della santa. Il duomo della città si trova in piazza San Rufino, mentre alla periferia meridionale sorge la chiesa di San Damiano. Qui si custodisce il crocifisso che avrebbe «parlato» a Francesco. Qui sarebbe stato composto il testo poetico più antico della letteratura italiana, noto come «Cantico delle creature». Assisi è anche nelle sue frazioni. È a Rivotorto, a circa tre chilometri, poco più di mille abitanti. Nel santuario quattrocentesco si può ancora vedere il tugurio, la costruzione in pietra in cui Francesco sembra abbia dimorato per qualche anno, quando decise di abbandonare la vita agiata.

Cattedrale di San Rufino
Assisi è a Montefalco, ringhiera dell’Umbria, cittadina famosa per i vigneti e per il Sagrantino. A Montefalco l’ultimo saluto prima del rientro in Puglia, davanti ad un piatto di pasta al forno preparata dalle clarisse del monastero di San Leonardo. Scambio di esperienze e di sorrisi, di strette di mano accoglienti e già un po’ nostalgiche per l’esperienza che sta per concludersi.

Tornare, in fondo, significa ripartire. Poche cose in valigia, zeppa, però, di voglia di andare. L’essenziale, questo conta. Il resto lo dà il paesaggio e lo danno le storie che animano i luoghi. Infiniti.


Ad Assisi
Ad Assisi
Ad Assisi
Chiesa di San Damiano
Verso l'eremo delle carceri
Verso l'eremo delle carceri











martedì 8 dicembre 2015

A Jesolo la Natività in un pugno... di sabbia

di Anna Maria Colonna
terrenomadi@gmail.com 


La natività in un pugno di sabbia.

Granello dopo granello, dodici Sand Nativity 2015, i presepi di sabbia al Lido di Jesolo
scultori internazionali diretti da Richard Varan hanno realizzato a Jesolo, in piazza Marconi, un intero presepe. C'è voluto quasi un mese perché l'opera prendesse forma. Nella sua leggerezza, la sabbia parla il linguaggio minuzioso e attento dell'arte. Lo fa aprendo la finestra sul mare, senza che si lasci toccare dall'immensa distesa vestita d'inverno.

Oggi, giornata dell'albero e del presepe, i cittadini della laguna veneta hanno tagliato il nastro, inaugurando la loro scultura. Dal 2002, anno dopo anno, i migliori artisti si danno appuntamento in Veneto, a Jesolo, per mettere le mani in sabbia e per tirare fuori statue e forme. Non a caso l'evento ha preso il nome di Sand nativity, Natività di sabbia.

E fa un certo effetto pensare che queste statue, composte da miriadi di granelli capaci di disperdersi al primo soffio di vento, possano durare fino al prossimo 31 gennaio, giorno in cui è prevista la chiusura al pubblico della mostra.

Quest'anno, in occasione del Giubileo della Misericordia, accanto al presepe, gli scultori hanno dedicato una statua di sabbia anche a papa Francesco.

L'ingresso è libero.